La punta dell’iceberg

Una eloquente facciata-manifesto posta a dialogare con i vigneti della Valpolicella svela solo in parte l’ampio sviluppo ipogeo di questa moderna ‘fabbrica del vino’

Testo: Lorenzo Marconato
Foto: Jurgen Eheim - Stefano Gasparato
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Proprio così: ciò che è in principio percepibile alla vista del visitatore, proprio come lo siamo stati noi in una rapida corsa all’interno della nuova cantina Zymé di San Pietro in Cariano, non è che una parte piuttosto contenuta dell’organismo edilizio ideato da Moreno Zurlo dello studio A.c.M.e.. D’altra parte non potrebbe essere che questo, visto da che mondo è mondo le cantine stanno sottoterra, perché è lì che si riescono più facilmente a produrre le condizioni ambientali in cui matura il vino migliore. Quindi perché pensare di cambiare strategia? Al di là di quello che impongono gli standard urbanistici, i regolamenti edilizi e le norme di tutela ambientale, vincoli cogenti, ma non unici genitori dell’architettura contemporanea, la funzione, il luogo e la tradizione, dovrebbero, come in questo caso, costituire alcuni dei cardini su cui il progettista fonda il proprio progetto.

Ad onor del vero, visto che la scomoda domanda è stata posta a chi di dovere, avere il privilegio di confrontarsi con un committente incline al dialogo e con una importantissima disponibilità economica da dedicare alla nuova cantina, sono fattori di non trascurabile valore nel percorso di realizzazione di una buona architettura, che, badate bene, non potrebbe essere ritenuta tale, se non vi fosse di mezzo una altrettanto buona matita. Ma queste sono solo ovvietà per addetti ai lavori.

Veniamo però al racconto del percorso, come strumento di conoscenza che spesso si utilizza per descrivere un’architettura. L’impatto visivo della parte della costruzione fuori terra, arretrata di qualche metro rispetto al ciglio della strada provinciale per creare una curata area di sosta e manovra degli automezzi, è gradevole nel proprio equilibrio tra la mitezza delle cromie e la forza delle forme piuttosto spigolose e pregne di significato del basamento. Esso ospita centralmente un ingresso-wine shop e lateralmente lascia respirare la cantina vera e propria, ed è sovrastato dal blocco pentagonale degli uffici, intrappolato dal dedalo di venature della foglia di vite stilizzate nel rivestimento esterno in acciaio corten.

Non me ne vogliate se leggo in queste ragionatissime morfologie, un’operazione puramente commerciale di promozione del “marchio”, che correttamente racchiude in sé tutta la filosofia del produttore-committente, ma pur sempre ottimamente integrata con l’ambiente circostante. Questa, non a caso, è la punta dell’iceberg.
Nemmeno il tempo di riuscire ad apprezzare questo dualismo, che si viene inghiottiti nella cava, prima e più anziana porzione ipogea del complesso. Il percorso interno comincia dalle origini del luogo. La cava di pietra calcarea da costruzione entro la quale è stato ricavato uno dei luoghi di affinamento delle botti, è per lo più rimasta intonsa, poiché perfettamente adatta alla funzione di cantina. Tenue l’intervento del progettista che, con poche mosse, ha valorizzato questo luogo nascosto, avvolgendolo in un nastro di vino rosso, che accompagna il visitatore tra le botti ed i massicci pilastri di pietra naturale che sorreggono le volte della cava.

Terminato il viaggio nella cantina antica, il passaggio a quella interamente nuova, è segnato efficacemente da un ampio portale: una sorta di grande giunto, che al contempo stacca e collega due ambienti molto differenti tra loro. Il percorso rosso a terra continua. Le luci, anche rosse, sono come il trucco carico sul viso di una bella signorina. Lo scavo che contiene la nuova cantina, porzione assai più articolata della fabbrica, ha dimensioni importanti, circa 15.000 metri cubi, e tale ampiezza, se pur ipogea, la si percepisce tutta nella rapida discesa verso la cella-archivio dei vini della cantina. Il percorrere la passerella che qui conduce, molto alta rispetto al livello inferiore, offre un punto di vista davvero suggestivo sulla vita che si svolge al di sotto. Alcune delle pareti di pietra dello scavo sono state lasciate sapientemente a nudo, per ricordare la cava, ma ora entrano in positiva competizione con il calcestruzzo e l’acciaio utilizzati per la composizione della nuova struttura.

Una parentesi in questo percorso la merita senza dubbio l’utilizzo dei materiali da costruzione: su tutti la pietra locale. Il materiale estratto durante lo scavo è stato recuperato e lavorato per rivestire internamente ed esternamente buona parte del fabbricato, in modo tale da risultare sostenibile da più punti di vista. Si tratta innanzitutto di materiale di alta qualità, tipico della tradizione costruttiva locale, estratto e lavorato in prossimità, quindi a basso costo e basso impatto ambientale, per di più perfettamente idoneo cromaticamente a rafforzare la relazione tra interno ed esterno, non solo inteso come pelle dell’edificio, ma anche come luogo più ampiamente concepito: come intorno. Questa, a mio parere, è un’operazione che conferisce grande valore al progetto e, ad esser sinceri, la si vorrebbe vedere ripetuta ogni qualvolta ve ne fosse occasione.

Giunti al livello inferiore, si corre accanto alla zona archivio delle bottiglie di vino, completamente visibile dall’esterno poiché divisa dagli altri ambienti per lo più da pareti vetrate. I temi sono ancora quelli della forma pentagonale, della trama complessa e modulare, della pietra tagliata. Il risultato, di sicuro effetto, garantisce grande valore e visibilità a questa parte della cantina. Non so se la mia sensazione sia giusta, ma ho percepito questo come se fosse il cuore della costruzione.
Un piacevole rumore d’acqua in caduta però distrae ed attira benevolo. Formidabile sorpresa della natura che non vuole lasciare il passo alla mano dell’uomo, è una profonda cavità carsica emersa durante gli scavi: ben illuminata segna l’ampia area di stoccaggio delle botti, rompendone la geometria ed il silenzio, raccogliendo in sé tutte le acque naturali che filtrano attraverso le pareti dello scavo.

In questi amplissimi saloni ipogei, fondamentalmente concepiti come un unico corpo in cui le zone si distinguono per lo più dalla loro funzione e dalle loro dotazioni d’impianto, lasciate efficacemente in vista, le forme sono lineari e le cromie moderne, ma ben assestate. L’ambiente è partito ed arricchito dalle botti, dai silos in acciaio inox, dai grandi cesti di stoccaggio del prodotto finito.

Terminato il percorso sotterraneo è la volta di riemergere in superficie; lo si fa grazie ad un blocco scala-ascensore completamente a vista. Ricorda, senza volerlo, la vite di un cavatappi. Un oggetto indipendente nello spazio della cantina, ricco, forse troppo, che salendo diventa il fulcro del corpo di fabbrica pentagonale che ospita la zona amministrativa. Al piano intermedio è collocato il wine shop, unico ambiente pubblico frapposto tra cantina ed uffici.

Gli ambienti contenuti nel pentagono seguono il movimento impresso dalla vite della scala e si distribuiscono lungo tutti i lati, aprendo da ciascuno un punto di vista diverso, grazie anche alla visione dall’interno dei frangisole in acciaio corten innanzi menzionati. Tra questi spazi uno soltanto – la sala riunioni e degustazione – apre fisicamente verso l’esterno, dove si trova un’ampia terrazza che planimetricamente satura un interstizio, ma riesce a farlo, grazie anche al fatto che si tratta di un punto di vista privilegiato sull’intorno, in maniera mirabile, in armonia con la natura, parzialmente antropizzata, che lambisce. Una quercia abbarbicata sul crinale ai margini della terrazza, ringrazia serena.

LOCALITÀ:
Committente
Cantina Zymè di Celestino Gaspari


Progetto architettonico e direzione lavori
A.c.M.e. studio (Raffaela Braggio,
Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi, Moreno Zurlo)


Collaboratori
ing. Marco Montresor (strutture)
geom. Daniele Salvador
arch. Andrea Malesani (sicurezza)
ing. Ivan Travaglini (acustica)
Dario Bettiol, Zumtobel group (illuminotecnica)

Fornitori
Valpolicella Costruzioni
Lavarini (lavorazione pietre)
Premetal (facciate)
Progress spa (strutture)
Auroport (portoni e infissi)
Harpogroup (verde pensile)
Iscom Riverclack (coperture)
Zumtobel Group (illuminazione)
Grassi Pietre (Archivio Bottiglie)



Cronologia
Progetto: 2010-2012
Realizzazione: 2012-2014


Dati dimensionali
Superficie costruita: 3.090 mq
Volume costruito: 17.300 mc
Importo delle opere: 6 milioni €