Un progetto “cerniera”

Al limite della città novecentesca lo studio Archingegno opta per un delicato equilibrio tra passato e presente inserendo educatamente il progetto nel paesaggio urbano

Testo: Paola Fornasa
Foto: Maurizio Marcato
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Quando nel 2011 una multinazionale che lavora nella ricerca clinica e farmaceutica, già presente nella zona, acquista una porzione di terreno situata nella ZAI storica a Verona per ampliare i propri uffici, l’impresa proprietaria aveva già demolito entrambe le case anni Cinquanta che insistevano sul lotto e iniziato la ricostruzione “in stile”, con sopraelevazione, di una delle due. Per rispondere al programma del committente, Archingegno rinuncia a una tranche di protagonismo architettonico e propone in modo atipico, viste le recenti realizzazioni in zona, la ricostruzione dell’edificio precedentemente demolito – con una minima variazione di sagoma – al solo scopo di garantire la funzionalità degli spazi di lavoro. Se da un lato la scelta di ricostruire circa com’era, circa dov’era può apparire discutibile, il risultato è invece senz’altro “rassicurante”, nella accezione migliore del termine.

Le due verosimili preesistenze risultano infatti coerenti non solo tra loro, ma soprattutto con l’intorno, e concorrono a ricucire il tessuto urbano, senza compromettere l’identità del luogo: operazione questa che è stata ben vista dagli abitanti, preoccupati all’inizio dei lavori della possibilità che potesse sorgere l’ennesima singolarità architettonica in un contesto già fortemente provato. Le caratteristiche dimensionali e tipologiche dell’intervento, l’architettura ben controllata e coerente, conferiscono all’insieme un aspetto sobrio, educato anche se un po’ anodino. Certamente il progetto mostra la capacità progettuale dello studio Archingegno di manipolare i volumi e rispondere alle esigenze del programma ma, soprattutto, ci invita a riflettere su come sia possibile intervenire con un linguaggio contemporaneo in un contesto complessivamente frammentato, senza un’identità precisa, e su come questo linguaggio possa portare un edificio a inserirsi nell’intorno educatamente senza perdere però la sua forza, la sua identità specifica e unica. Il tema sta tutto qui, nel tentativo, in gran parte riuscito, di risolvere quest’ultima domanda.

Contesto
L’ambito di progetto si trova infatti al limite tra il quartiere residenziale di Santa Teresa e il grande vuoto che fronteggia la Fiera, il cui disegno pianificatorio definito dal Prusst rimane tuttora sulla carta: da un lato i frammenti della città-giardino rappresentano l’ultima traccia della Verona novecentesca, dall’altro l’incognita dei due grandi isolati residenziali previsti a chiusura del tessuto residenziale.

Facciata
La facciata-ponte è l’elemento protagonista del progetto: un elemento contemporaneo, geometrico e scenografico, il cui rigore è interrotto soltanto dal volume leggermente aggettante e asimmetrico, posto in corrispondenza delle sale riunioni ai piani primo e secondo. L’ordine gigante degli elementi verticali conferisce ritmo e pulizia alla vetrata continua, definita costruttivamente da montanti in legno lamellare, rivestiti esternamente in lamiera metallica. Al piede dei montanti, il particolare costruttivo delle pinne nasconde elegantemente la vasca di raccolta dell’acqua piovana, grazie a un raccordo sottilissimo con il basamento in marmo. La vetrata continua sui due livelli ha un aspetto slanciato; il taglio del solaio è infatti mascherato da una fascia retro-verniciata di colore grigio che funge anche da parapetto, senza interrompere apparentemente la continuità della trasparenza.

Interno-esterno
Il progetto si sviluppa su tre livelli fuori terra, un attico e due interrati. Si accede al piano terra dal portico passante che taglia puntualmente il basamento, rivestito in pietra d’Istria bocciardata a mano e sabbiata. La reception mantiene il contatto visivo con l’esterno attraverso una finestra a nastro ritagliata nel basamento lapideo. Se questo elemento passa inosservato durante il giorno, al calare della sera risalta come taglio orizzontale che contrasta con la prevalente scansione verticale del prospetto. Oltrepassata la reception, una vetrata a tutta altezza svela una stanza dall’aspetto asettico, quasi ambulatoriale: è la stanza dei server, il cuore dell’azienda, che garantisce la connessione con le altre sedi estere della multinazionale. Ai piani superiori gli uffici si distribuiscono, tra l’edificio “ponte” e l’edificio “in stile”, senza soluzione di continuità, scelta che contrasta con la differenziazione tra “antico” e “nuovo” fortemente marcata all’esterno. L’effetto open-space è amplificato dall’utilizzo di divisori vetrati che fanno percepire lo spazio come un continuum sobrio, in cui i sistemi di illuminazione a led, i dispositivi elettrici per le postazioni di lavoro e i sistemi di ombreggiamento sono collegati e mascherati da eleganti velette in alluminio dal disegno essenziale. Pulizia, essenzialità del disegno e qualità architettonica raggiungono l’apice al piano interrato dove è situato il fiore all’occhiello dell’intervento, l’auditorium.

Auditorium
Le proporzioni richiamano quelle dell’auditorium realizzato da Archingegno per la Simen di Minerbe (cfr. Elegia in bianco e nero, in Premio Architettiverona, supplemento ad “AV” 91, 2011, pp. 20-27). Qui il minimalismo e il rigore lasciano spazio ad un’atmosfera calda, dai toni rétro. Gli angoli smussati ammorbidiscono l’involucro, e l’utilizzo di pannelli in legno a listelli irregolari per il rivestimento delle pareti conferisce un aspetto accogliente e confortevole. A bilanciare lo stile anni Cinquanta della boiserie è il monitor “appoggiato” alla parete di fondo, che richiama per forma e sembianza un tablet gigante. Il disegno pulito e la realizzazione meticolosa di allineamenti e accostamenti tra i diversi elementi – dai corpi illuminanti quadrati a led inseriti nei tagli del controsoffitti, all’allineamento perfetto delle linee orizzontali in copertura e a terra con il passo dei pilastri – concorrono in modo ben ponderato all’immagine elegante dell’auditorium.

All’interno come all’esterno, il risultato è un equilibrio delicato tra elementi contemporanei e un’atmosfera del passato volutamente evocata. Nel complesso questa scelta non risulta un tentativo di rifugiarsi nel vernacolare, svela piuttosto l’atteggiamento prudente di chi, consapevole delle criticità del contesto, abbandona ogni azzardo e preferisce inserire educatamente un progetto “cerniera” tra due realtà al limite della contraddizione, equilibrando delicatamente passato e futuro, il tessuto esistente con ciò che verrà.

LOCALITÀ:
PROGETTO ARCHITETTONICO
Archingegno /arch. Carlo Ferrari, arch. Alberto Pontili


COLLABORATORI
arch. Francesca Rapisarda, arch. Alessandro Martini,geom. Andrea Chelidonio


STRUTTURE
ing. Giovanni Montresor


IMPIANTI
Errebi, p.i. Riccardo Berto


SICUREZZA
arch. Diego Martini


COMMITTENTE
GRBM
CRONOLOGIA
Progetto e realizzazione: 2011-2013


DATI DIMENSIONALI
superficie: 2500 mq
edificio classe A+


IMPRESE ESECUTRICI
Costruzioni Edili Ruggeri Tiziano, Net snc, Italfrigo, Sever