Turris Garda

Un singolare piccolo edificio in una posizione d’eccezione è l’oggetto di un recupero incentrato sulla qualificazione architettonica degli spazi interni

Testo: Giulia Bernini
Foto: Martina Mambrin
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All’università ci dicevano sempre: dove ci sono più limiti, si creano le sfide dai risultati migliori. La torretta di Garda è l’esempio calzante di una sfida progettualmente stimolante: la posizione invidiabile, con una vista mozzafiato, e la sua conformazione peculiare – due piccoli vani sovrapposti a pianta circolare – implicano allo stesso tempo criticità ambientali e spaziali.
Lo studio di Alessandro Dolci, progettista dell’intervento presentato in queste pagine, ha base ad Egna, in quel Sud Tirolo lassù tra i monti dove, diversamente dal resto del Bel Paese, anche alle strutture più semplici è riconosciuta una qualità architettonica, estremamente attualizzata a tecnologie e materiali contemporanei. Il proprietario della torretta, un ciclista trentino appassionato del Lago di Garda, tra una pedalata e l’altra si è imbattuto quasi per caso in questa rarità in vendita. Era un po’ malandata esternamente, ma all’interno presentava la sua faccia peggiore, complice una ristrutturazione dall’animo povero e trasandato.

Se è vero che l’architetto è indispensabile per creare gli ambienti in cui viviamo, è altrettanto vero che troppo spesso la sua professionalità non viene presa in considerazione, in nome di una presunzione di economicità e di rapidità dei risultati da ottenere. Pare facile, soprattutto nel campo dell’architettura degli interi, tra fornitori di servizi “chiavi in mano”, consigli per gli acquisti, riviste da parrucchiere e cosiddetti arredatori vari, arrabattare soluzioni scialbe e provvisorie invece di dar lustro a quelle figure, iconiche o meno, appartenenti a una ben radicata tradizione culturale e disciplinare.

Facile anche tacciare l’architettura, anzi gli architetti, come unici colpevoli – rei confessi – per lavori infiniti e dispendiosi, quando invece fin troppo di sovente è la presunzione di saper fare ignorando la professionalità la causa di tanti guasti: scordando o più probabilmente ignorando che tanta tenacia in un momento storico così avverso alla nostra categoria – in particolar modo a chi per ultimo si è affacciato alla professione – sia alimentata dalla passione, quando non da una vera e propria vocazione, un amore sincero per la propria disciplina. Fortuna che ci sono esempi, come quello di Garda, che risollevano “il morale della truppa”!

La datazione dell’origine della torretta è incerta, persino negli archivi pare se ne fosse scordata l’esistenza. Eppure lei è sempre stata lì, una ferma vedetta sul ciglio del lago; man mano sempre più sporca e incrostata, si è lasciata col tempo ricoprire da vegetazione e da tristi scritte spray, lontane anni luce dalle espressioni della street art.
Esternamente il paramento murario era stato ricoperto da uno strato di intonaco. L’intervento di restauro ne ha previsto la sua rimozione: al di sotto è emerso il degrado di alcune pietre che, aggravato dalle infiltrazioni, ha reso necessaria la sostituzione puntuale di alcune di esse. La singolare posizione, infatti, rende la torretta sì capofila privilegiata, ma al tempo stesso completamente esposta alle intemperie, prima fra tutte l’umidità lacustre.

Risolti i problemi di risalita di umidità, è stato deciso di lasciare la pietra a vista, la scala a spirale esterna di accesso alla copertura piana è stata invece messa in sicurezza, sostituendo anche qui le parti degradate con pezzi del tutto simili agli originali. Anche il parapetto in ferro con i suoi archetti di aggancio alla muratura è stato conservato.
Se gli esterni sono stati quindi essenzialmente oggetto di un lavoro di ripristino, sono gli interni che hanno richiesto le maggiori attenzioni. Il progettista ha infatti deciso di rispettare appieno la natura degli spazi, comprendendone la geometria a base circolare: pavimento e soffitto sono stati quindi ricoperti da resina, così da evitare ogni fuga materica passibile di richiami ad un qualsivoglia orientamento direzionale.

Le dimensioni dei due vani sovrapposti non erano particolarmente agevoli: in meno di 40 metri quadrati, scala compresa, è stato ricavato a misura lo spazio per ogni necessità che si possa creare in un fine settimana di fuga dalla città. Lo studio, forte della sua esperienza di spazi minimi nel settore dello yacht design, ha disegnato un mobile cucina dai piani tutti incurvati, di tono neutro e superficie vellutata, che segue il perimetro del locale per un terzo della circonferenza. Elementi di stacco sono il piano in legno di ulivo massello, meravigliosamente irregolare nei suoi bordi, come estensione del piano di lavoro, e il punto luce a soffitto: una Candela di Vals in ottone, iconico corpo illuminante disegnato da Peter Zumthor.

I divani-letto, anch’essi assecondanti le linee curve delle pareti, assolvono anche la funzione di contenitori: la base inganna l’occhio lasciandosi percepire come pietra, per rivelare ad un secondo sguardo la sua essenza (MDF rivestito in resina come i pavimenti).
L’elemento maggiormente caratterizzante il livello inferiore è però la scala; il rivestimento in lamiera Corten maschera interamente i gradini originali a sbalzo dalla parete, connotandola secondo un taglio moderno e avvolgente.

Anche il solaio è frutto di un precedente intervento di ristrutturazione risalente agli anni ‘70, che aveva tagliato la parte superiore delle finestre ad arco (ora controvetrate sul lato interno): opportunamente liberato dalle piastrelle, è imbellettato anche superiormente da un velo di resina. Gli arredi del piano superiore sono disegnati in analogia a quello del soggiorno-cucina, sfruttando ogni angolo sul filo circolare della struttura. La millimetrica attenzione al dettaglio si ritrova persino nelle dime create appositamente per aderire alla sagoma tondeggiante, così come nella vetrata della doccia, sagomata pietra per pietra per combaciare perfettamente alla superficie muraria. Se il controsoffitto è staccato dalla struttura per dar tono alle pareti attraverso una luce radente, un’antica stampa del lago di Garda, custodita dai proprietari, è stata invece applicata sul muro divisorio tra camera da letto e bagno, a ricordarci il luogo in cui è radicata la torre (casomai ne avessimo perso cognizione a furia di girar in tondo).

Si può invero affermare che i principi cardine autoproclamati come “manifesto” dello studio Aledolci&co – identità del luogo, funzionalità, ricerca dei materiali – siano qui stati pedissequamente messi in pratica. Ogni angolo, o per meglio dire ogni settore circolare, è stato sfruttato con misura, lasciando una buona libertà di movimento e una ariosità all’interno tale da ingannare persino degli architetti circa la sua effettiva dimensione. I materiali scelti si integrano perfettamente con quelli della struttura originale, sia scomparendo in un’unica nube soffusa e sfumata di beige, pietra e luce, sia caratterizzandosi di colori forti seppur naturali quali il marrone, il rosso e il nero.
La torretta è stata appieno rispettata, riportata alla sua integrità e finalmente riconosciuta come elemento identitario nel profilo della costa lacustre, lei che è stata sempre lì, sentinella attenta sebbene velata dall’oblio ai noncuranti occhi dei passeggiatori sul bagnasciuga.

LOCALITÀ:
Committente
Privato


Progetto architettonico arch. Ale Dolci - studio aledolci&co


Collaboratori
arch. Martina Zenti (direzione lavori)
arch. Maria Bondavalli,
Alessandro Corrias, Gaia Panozzo

Imprese e fornitori
Ennio Pozzani (opere murarie), Martin Unterhauser (resine e trattamenti pietra), Officina del design (metalli), Viabizzuno (luci), Rasom (vetreria), Festi sistemi (infissi), Rustiklegno (arredi),
Plank (tavoli e sedie)


Cronologia
Progetto e realizzazione: 2014-2016

Dati dimensionali
Superficie utile: 20+20 mq