Strane cupolette a tronco di piramide, come geometrizzati tucùl, hanno di recente fatto capolino tra le fronde degli ulivi lungo il versante del basso Garda che, passato il centro di Bardolino, volge alla puntuta svolta di San Vigilio, per farsi poi roccioso.
Siamo nel pieno territorio di quella “altra città” del turismo – un vero doppio, anzi un multiplo ben superiore nel pieno della stagione – che accerchia gli antichi borghi lacustri popolati un tempo da pescatori, divenuti oggi bottegai, gelatai e mescitori di bianchi e di rossi (a Bardolino di rossi).
Passato il tempo in cui i primi sparuti camping erano semplici recinti di terreno con qualche spartano servizio e nulla più, ad accogliere i transoceanici amplessi di ragazzotte e ragazzotti intenti a sperimentare le poco impermeabili virtù delle canadesi in tela cerata, volge ad esaurimento per saturazione anche il modello che ha visto l’arrivo prima delle roulottes con ruote, poi di quelle senza ruote con verande e superfetazioni varie, e infine di casine, casette e baracchette d’ogni precaria foggia, a consolidare il tipo (poco) edilizio del bungalow. Anche italianizzato – si fa per dire – nel terribile “bungalo”, l’appellativo origina da una abitazione tradizionale a un piano originaria dell’India (ecco il “bengalese”), adottato per estensione ai piccoli edifici ad un piano adibiti a soggiorno di villeggiatura, in genere di materiale leggero prefabbricato o precario. I creativi paradossi della legislazione italiana ne hanno fatto scaturire quegli “allestimenti stabili” che disciplinano, consolidandone la cubatura per l’eternità e per i futuri Piani Casette, ciò che un tempo era semplice piazzola.
Entro il contesto di queste dinamiche insediative, l’intervento che presentiamo è l’esito di una ricerca progettuale che, posta di fronte alla vastissima offerta che il basso Garda oggi può vantare, si propone di riorganizzare i servizi dell’accoglienza turistica innovando il modello architettonico. Ecco che i nostri Ardielli Associati, adusi al dar forma ai bisogni spaziali del turista in tutte le sue varianti – dal guest di hotel al villeggiante in villa, dal passeggiatore per lungolaghi al golfista in polo e golfino – con la riforma del Continental introducono un principio di ordine nel microcosmo del villaggio-camping, a partire da un masterplan attuato per stralci successivi, ideale completamento e corollario degli altri interventi bardolinesi dello studio [1].
L’area in cui si sviluppa il camping è compresa tra la strada Gardesana e la passeggiata a lago, con un andamento digradante del terreno. A partire dall’accesso dalla strada posto in posizione baricentrica, l’intervento definisce a monte un ambito costruito relativamente compatto, antidoto al frazionamento e alla dispersione pregressa: una sorta di piccolo quartiere immerso nel verde, caratterizzato dall’aggregazione organica dei diversi bungalow distinti in due blocchi di unità abitative (uno da nove e l’altro da dieci unità), compenetrati tra loro e collegati tramite pergole e portici.
L’intero sistema è ancorato a un asse insediativo est-ovest, perpendicolare alla strada, che innerva l’area dei bungalow, scende seguendo l’andamento del terreno attraversando un edificio ad usi collettivi – market e ristorante, composto in analogia per forma e struttura agli allestimenti residenziali, con un portico a brise-soleil rivolto a lago – per terminare infine in un ponte-passerella in legno lamellare che si protende con uno sbalzo di circa otto metri sull’area delle piscine. Il ponte, materializzazione dell’asse insediativo, funziona come un mirino, un dispositivo ottico puntato a lago, negando però con ironia il suo potenziale di trampolino mancato: tant’è che la parte terminale offe il brivido di una passeggiata nel vuoto di una rete in poliestere. Il bagnino, dal sotto in su, apprezzerà l’inusitata visuale delle meglio villeggianti.
Dal ponte-passerella una scala collega la zona del market-ristorante all’area delle piscine: il dislivello altimetrico è risolto tramite una scarpata verde che, nella parte centrale, scivola in piscina con un rivestimento in gomma poliuretanica antishock, per garantire comfort e sicurezza soprattutto ai bambini. La pezzatura della pavimentazione in gomma compone un disegno di campiture vistosamente colorate, entro le quale sono inseriti macro elementi grafici. Il decking attorno alle piscine diventa verso il lago il margine di una gradonata sul terrazzamento inferiore, con un campo da beach volley e una torretta, trasfigurata memoria – passando per Aldo Rossi – di un faro in miniatura.
L’intervento nell’insieme propone un linguaggio contemporaneo e brillante: lo sono le piscine ma soprattutto i bungalow. La matrice compositiva cellulare dell’impianto ha un ineludibile antesignano nel pattern messo a punto da Aldo van Eyck per la scuola Montessori di Delft negli anni Sessanta: un modello fecondo, che ha portato allo straordinario ossimoro della “chiarezza labirintica” nel definire l’organizzazione spaziale di elementi disposti senza un apparente ordine gerarchico eppure concatenati a misura d’uomo e che, attraverso successive interpretazioni (ad esempio quella di Giancarlo Mazzanti in un’altra scuola per l’infanzia in Colombia), arriva a piantare le tende sulle rive del Benaco.
Qui lo schema ha origine da una cellula base (3,6 x 3,6 metri in pianta) aggregata in tre blocchi disposti ad L e un quarto modulo a giorno a completare il quadrato. La forma della copertura a tronco di piramide richiama una archetipica tenda da campeggio, ed ha la non trascurabile funzione di innescare l’effetto camino e convogliare l’aria verso l’alto, favorendo la ventilazione naturale. Un semplice ed efficace antidoto all’imperante split ergo sum. La medesima cellula modulare definisce il blocco edificato dei servizi.
Ogni unità abitativa così definita assomma, tra soggiorno-cucina (14,35 mq), camera da letto (10,00 mq) e bagno con disimpegno (3,85 mq) una superficie netta calpestabile di 28 metri quadrati, a cui va aggiunto il modulo aperto: l’Existenzminimum è qui sul lago, bellezze teutoniche!
“A un uomo in vacanza non serve molto più di un letto, servizi, un tetto e la vista del sole che risplende sul mare”, affermava Le Corbusier: fatte le dovute differenze con l’acqua dolce, il pensiero risulta del tutto pertinente, sebbene il suo Cabanon si componesse di un unico modulor di 3,66 x 3,66 metri (ma LC non aveva da piazzare i due-tre marmocchi rigorosamente biondastri che sono lo standard medio del turista centro-europeo).
Una impegnativa ricerca costruttiva ha accompagnato la realizzazione di queste strutture, dovendosi confrontare anche con la compressione dei tempi di cantiere tra una stagione turistica e l’altra: le cellule sono eseguite con un sistema di semi-prefabbricazione, poi coibentate in opera e rivestite all’esterno con tessere di mosaico la cui texture e colorazione si integra, quasi a mimetizzarsi, con il verde delle alberature. L’effetto del mosaichino, materiale generalmente usato in interni, contribuisce in maniera determinante al cambiamento di percezione dell’ambiente camping: non più luogo per i poveracci che non si possono permettere una stanza d’albergo, ma una scelta alternativa, ibrida e gioiosa. Ecco il punto di svolta verso il glamping, neologismo che mette assieme glamour e camping: una organizzatrice di eventi lo potrebbe definire come un modo per vivere l’outdoor senza rinunciare a tutte le commodities e lo charme di una struttura ricettiva d’eccellenza. Nanni Moretti, inorridito, ne fuggirebbe.
Curioso che questo innalzamento di livello si compia a partire dalla formazione di un tessuto che compone una piccola Casbah nella mecca del turismo lacustre, in un melting pot intercontinentale che assomma nazionalità, provenienze, lingue, forme e colori: una grande ricchezza e un’occasione da saper cogliere anche per l’architettura, come questo esempio ci dimostra.
[1] La riqualificazione del lungolago è stata pubblicata in «AV» 83, pp. 16-23. Per una ricognizione più ampia si veda S. Mannironi e A. Vignolo, Bardolino. Identità del paesaggio urbano, in M. Ardielli, Masterplan: né piano né progetto, INU Edizioni, 2012, pp. 39-63.