In una splendida quanto inaspettata giornata di sole, fredda e nitida come solo quelle invernali sanno essere, mi appresto a raggiungere la località gardesana di Torri del Benaco, dove ho appuntamento con l’architetto Christian Piccoli, progettista dell’intervento qui presentato. La strada sgombra dalle auto, complici la bassa stagione e il freddo di fine dicembre, permette una andatura solitaria e spensierata che incentiva l’osservazione del paesaggio collinare che costeggia il lago, sempre più ricoperto di interventi edilizi che ne hanno in molti casi compromesso irrimediabilmente l’immagine originaria.
Superato l’abitato di Torri e ormai prossimo a destinazione, noto con piacere che da queste parti si è costruito un po’ meno rispetto al basso lago, e mi domando se l’attuale e le prossime amministrazioni sapranno mantenere tale atteggiamento o cederanno, purtroppo, alle tentazioni delle proficue speculazioni immobiliari.
Giunto finalmente a destinazione, scorgo l’intervento in un terreno appena nascosto rispetto alla strada, soddisfacendo così la mia curiosità. Il progetto, frutto dell’ennesima applicazione del Piano casa, ha interessato il recupero e ampliamento di un portico-fienile, la cui struttura originaria è ancora chiaramente riconoscibile, grazie a un trattamento prospettico rispettoso e coerente. Grandi vetrate e tamponamenti in legno completano e risaltano l’originaria struttura muraria in pietra, riordinata e consolidata: tangibile e banale dimostrazione di quanto sia elegante un prospetto generato semplicemente dall’armonioso alternarsi di spazi pieni e spazi vuoti.
Il recupero in senso residenziale del fabbricato è reso possibile da una razionale distribuzione degli alloggi, oltre che dall’utilizzo di accorgimenti tecnici e costruttivi che garantiscono il buon livello del benessere interno (tali da raggiungere la classe energetica “A”). Il volume architettonico in addizione si arrampica letteralmente sulle balze del pendio, assecondandone l’accentuata pendenza. Ne risultano alcuni terrazzamenti posti a vari livelli, collegati tra loro da percorsi scalinati in pietra.
I tre volumi “rampanti” ed ancorati alla collina di cui si compone l’immagine costruita del progetto sono chiaramente distinguibili fin dal primo approccio, dando luogo a un’immagine articolata che non contrasta e non entra assolutamente in competizione con il carattere sedimentato e austero del preesistente fabbricato contermine (analogamente dalle dimensioni considerevoli).
Salendo, infatti, da quello che era il fienile verso il nuovo volume aggiunto, il disegno regolare degli alzati si trasforma in una sagoma più complessa e variegata. Anche l’uso dei materiali rispecchia questa moderata ma progressiva dissociazione, dove convivono tradizione e contemporaneità: l’uso del legno e della pietra tradizionale lascia spazio ai tamponamenti in laterizio con isolante a cappotto esterno intonacato; la pietra viene riproposta, ma lavorata con finiture e tagli più rispondenti al gusto (moda?) contemporaneo. Le bucature prendono la forma di eleganti finestre a nastro, facendo prevalere i vuoti sui pieni. E tutto ciò avviene con naturalezza ed equilibrio formale. Anche i colori che identificano le varie parti del fabbricato risentono inevitabilmente del cambiamento: dai colori naturali della pietra e del legno si passa alle varie sfumature di un più moderno colore grigio.
Risulta piuttosto evidente che in questo progetto molte scelte sono dettate dal contesto paesaggistico-ambientale, di cui l’intervento diviene parte integrante; la “scalata” del pendio collinare culmina con una piccola torre, riconoscibile più dalle fattezze che dall’imponenza, la cui copertura in legno a quattro falde si stacca dalle murature perimetrali che idealmente la sorreggono, lasciando spazio a quattro colonne in acciaio all’interno di un nastro continuo di finestre vetrate, con vista a 360° sul paesaggio e che, all’imbrunire, diviene una sorta di lanterna luminosa.
Il progettista, che abbiamo conosciuto per un altro apprezzabile edificio (cfr. «AV» 97, pp. 18-23), in questo caso ha saputo limitare gli impulsi di una personale ricerca architettonica (nelle forme) e tecnica (nei materiali), che mira indiscutibilmente alla proposta di soluzioni innovative e mai uguali a se stesse. In questa realizzazione l’approccio risulta più convenzionale, assecondando il carattere del contesto paesaggistico e nel rispetto anche della tradizione costruttiva. Pur non rinunciando a qualche elaborata incursione nel contemporaneo, soprattutto nella parte nuova dell’edificio – quella rivolta ad est – e nella piscina a sfioro.
Gli spazi interni degli alloggi rivelano necessariamente le ragioni – immobiliari – sottese all’intervento, trattandosi di fatto di un residence per villeggianti articolato in sei unità immobiliari di piccole dimensioni, essenziali nelle superfici ma funzionali e ben distribuite. La cura del dettaglio costruttivo e dei materiali è coerente con la filosofia dell’insieme, fornendo una immagine gradevole e soprattutto confortevole. Notevole è la cura dedicata al rapporto tra interno ed esterno: da ogni unità immobiliare è possibile cogliere ricercate inquadrature sul lago, e gli spazi esterni privati risultano quasi tutti ben orientati e soleggiati.
La piscina, collocata nella parte più alta del lotto, rappresenta infine un piccolo oggetto contemporaneo, arretrata rispetto all’edificio, ma dalla quale si gode di una suggestiva vista sulle sottostanti acque del lago e, più in lontananza, delle entusiasmanti panoramiche sui monti della costa bresciana.Un intervento quindi che, posto in un luogo difficile e fortemente caratterizzato, non mira a celebrare se stesso, ma piuttosto a rafforzare il dialogo formale e materiale tra il paesaggio e l’architettura che ne “invade” – ma con discrezione – lo spazio. Ottenendo, almeno in questo caso, un silenzioso ma meritato consenso.