Geniale, Antonio Avena. Per le sue conclamate virtù di storico dell’arte e di funzionario pubblico, che ne hanno fatto uno dei protagonisti della vita culturale veronese nella prima metà del Novecento (1), verrà sovente nominato all’interno di questo numero dedicato ai musei cittadini, dei quali è stato artefice massimo. A questo fondamentale ruolo occorre affiancargli la patente di campione ante litteram del marketing urbano: sua fu, come è noto, l’invenzione dei luoghi che in riva all’Adige incarnano il mito letterario dell’epopea shakespeariana di Romeo e Giulietta. E così oggi, frotte di turisti da ogni angolo del mondo si accalcano in un cortiletto tra via Cappello e il teatro Nuovo, naso all’insù verso un balcone medievale creativamente collocato ad hoc dal Nostro, secondo un disinvolto senso della verità storica che appare ai nostri giorni un tantino azzardato. Ma l’idea ha funzionato, eccome: mentre viene fatto mercimonio persino delle scritte sui muri dell’androne del cortile, e Verona è diventata la città dell’amore per antonomasia, i più indefessi nella devozione al mito, dopo il balcone non si lasciano scappare una romantica (sic) visita alla tomba della pulzella Capuleti. Il finale tragico si è dunque compiuto, e che chi visiti oggi il “Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle” troverà parecchi turisti aggirarsi più o meno ignari lungo il percorso non proprio lineare tra le sale – un po’ segnate dal tempo, a dire il vero – per raggiungere infine attraverso il cortile il famigerato avello. Curioso destino, per un museo, quello di essere associato ad una tomba: almeno altrettanto curioso del fatto che qui si celebrano per consuetudine gli sposalizi di rito civile, generando una forse involontaria, ma esilarante conferma del famoso detto che associa il matrimonio alla tomba dell’amore…
In realtà, il museo “alla” tomba di Giulietta ha un suo ruolo e statuto ben preciso, vocato com’è dalla sua istituzione (sulle cui vicende si legga il testo seguente) alla conservazione ed esposizione di affreschi staccati. Una pratica, quella dello stacco o strappo della pittura murale, che dalla fine del XVIII sec. raggiunse il suo apice nella lunga stagione degli anni Cinquanta e Sessanta, quale espressione di una temperie culturale diffusa tra storici dell’arte, funzionari della tutela e restauratori, posti di fronte alla imprescindibile questione della conservazione degli affreschi. Furono nomi eccellenti come quelli di Roberto Longhi e Cesare Brandi a promuovere apertamente la prassi dello stacco delle pitture murali, rimosse dalle loro pareti e applicate come quadri su supporti rigidi, generando la duplice problematica di ambienti ed edifici spogli dell’originaria decorazione pittorica, e la conseguente necessità della collocazione museale dei reperti così ottenuti. Con l’avanzare delle tecniche di conservazione e una revisione dell’apparato teorico e critico, tale prassi venne progressivamente in disuso, lasciandosi alle spalle un consistente bagaglio di reperti da sistemare.
La musealizzazione degli affreschi staccati porta infatti con sé degli aspetti problematici: perché ricreare le condizioni originarie di fruizione delle opere presupporrebbe, per assurdo, la riproduzione in scala al vero di intere case, edifici e palazzi. È un problema di dimensioni delle sale espositive, oltre che – ma non lo è in tutti i musei? – di condizioni ambientali, di rapporti di luce e d’ombra, di riflessi, di vicinanze, assonanze, echi… Gli ambienti un po’ sacrificati che attualmente compongono le sale del Museo Cavalcaselle non sfuggono a tali contraddizioni, che costringono anche ad alcuni salti cronologici nell’ordinamento.
Il progetto di ampliamento che presentiamo in questo articolo, praticamente completato dal punto di vista del recupero architettonico, potrà rappresentare per il Museo un cambio di registro, grazie al consistente incremento degli spazi espositivi (quasi raddoppiati), al riordino di quelli di servizio, e al nuovo percorso di visita che prenderà avvio nelle nuove sale con l’allestimento di importanti opere provenienti dai depositi dei Civici Musei d’Arte. Un progetto portato avanti da anni dal Settore Edilizia Monumentale del Comune di Verona assieme alla Direzione Musei d’Arte e Monumenti, con l’importante contributo di Valter Rossetto che, raccolto il testimone da Carlo Scarpa e Arrigo Rudi, dei quali è stato allievo e collaboratore, accompagna con la discrezione che gli è propria il dialogo necessario e meditato tra spazi ed opere.
Così silenziosamente, il complesso della Tomba di Giulietta, acquattato tra le architetture cementizie degli uffici finanziari di Libero Cecchini, la sede dell’edilizia privata del Comune di Verona, l’Archivio di Stato di via Franceschine e il contiguo palazzone della Provincia – un vero assedio istituzionale – ha saputo crescere nel tempo per stralci di interventi successivi, non eclatanti ma continui, frutto di una lunga opera di “resistenza”, grazie agli interventi di Sergio Marinelli prima e in seguito di Paola Marini, di cui dà conto Alba Di Lieto in sintesi nel suo scritto. La limitatezza delle risorse che si rendono disponibili impedisce al momento di fare una previsione attendibile sulla fine definitiva dei lavori, pur mancando solo la realizzazione dell’arredo museografico, oltre al completamento del lapidario esterno e la sistemazione del cortile su cui affaccia la sala polifunzionale. La tenacia e la pazienza dei soggetti coinvolti ancora una volta saranno messe sul banco di prova.
Una volta portato a termine, il Museo degli Affreschi potrà così finalmente offrire un nuovo e vitale contributo a quella tradizione di dialogo tra museologia e museografia che proprio a Verona, con l’imprescindibile esempio di Castelvecchio, ha vissuto una delle acquisizioni più significative.
(1) Sulla figura di Antonio Avena si vedano i contributi raccolti in P. Marini (a cura di), Medioevo ideale e Medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del primo Novecento, Comune di Verona/Cierre, 2003, in particolare i saggi di A. Conforti Calcagni, La tomba di Giulietta a San Francesco al Corso, e D. Zumiani, Giulietta e Verona: spazi e immagini del mito.
Il Museo degli Affreschi intitolato al veronese Giovan Battista Cavalcaselle (1819-1897) – uno dei padri fondatori della storia dell’arte italiana e tra i primi ispettori generali della Direzione ministeriale preposta alla conservazione del patrimonio artistico – entra nel panorama delle istituzioni cittadine a partire dal 1973, quando viene aperto per iniziativa del direttore dei civici musei Licisco Magagnato. Il complesso in cui sorge è costituito dalla chiesa sconsacrata di San Francesco al Corso, di impianto duecentesco ma ricostruita all’inizio del XVII secolo, e da una struttura conventuale con chiostro molto rimaneggiata nel corso degli anni e adibita a vari usi – orfanotrofio, caserma e deposito dei pontonieri, infine dal 1926 al 1930 sede dell’istituto di tabacchicoltura.
Alla storia del convento sono legati la leggenda e il mito shakespeariano di Giulietta e Romeo, testimoniati dalla presenza di un avello che in origine si trovava all’interno della chiesa. Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 1898 il Consiglio comunale delibera “la decorosa sistemazione dell’arca” e nel 1910 si eseguono nel chiostro i lavori necessari alla collocazione del busto dedicato a William Shakespeare ancora in situ. Antonio Avena, al tempo direttore dei Musei veronesi, provvede tra il 1935 ed il 1937 a una sistemazione dell’assetto generale del complesso, ma la scarsità di documentazione pervenuta rende difficoltosa la ricostruzione delle varie fasi di questi lavori.
I bombardamenti dell’ultima guerra distruggono in gran parte la chiesa e causano gravi danni al chiostro e al campanile, all’origine del crollo improvviso avvenuto nel 1961. Sgomberate le macerie e demoliti i corpi di fabbrica occidentali, si provvede alla ricostruzione della chiesa sconsacrata e alla sistemazione dell’ala ovest del complesso conventuale in funzione della nuova sede museale. I lavori sono eseguiti negli anni Settanta dal settore Edilizia Monumentale del Comune di Verona. Al piano interrato sono esposte anfore romane rinvenute in occasione degli scavi per la sistemazione dell’edificio, mentre ai piani superiori viene allestita l’esposizione di importanti cicli decorativi di affreschi staccati.
Risalgono invece ad anni più recenti la sistemazione dell’ala settentrionale del chiostro, adibita a deposito con annesso appartamento del custode (1980-1983), e l’allestimento, nel 1987, della chiesa di San Francesco per l’esposizione permanente dei dipinti di grande formato delle collezioni civiche. Al piano interrato del lato nord, è rimasta collocata la cosiddetta “Tomba di Giulietta”, raggiungibile attraverso una scala dal cortile-giardino interno al chiostro.
Nel 2004 viene sistemata l’area verde esterna con la realizzazione del nuovo muro di cinta in tufo e mattoni che ospita un’esposizione di lapidi ed elementi scultorei; la realizzazione di una copertura metallica portata a termine col più recente lotto di lavori (settembre 2012) consentirà l’ampliamento di tale lapidario.
Nel 2008 sono infine avviati gli interventi di restauro e consolidamento statico dell’ala meridionale del complesso architettonico, che ancora versava in condizioni assai precarie. L’obiettivo è quello di completare il percorso espositivo e garantire un itinerario di visita più ampio, anche grazie alla rilevante quantità di materiali collocati nei depositi dei Civici Musei e meritevole di una migliore accessibilità. I lavori, a cura del Settore Edilizia Pubblica Monumentale del Comune di Verona assieme alla Direzione Musei d’Arte e Monumenti con la collaborazione dell’architetto Valter Rossetto, sono portati a termine nel corso del 2012. Nel medesimo anno è inaugurata una nuova area di accoglienza dei visitatori (biglietteria, bookshop, servizi igienici) funzionale al nuovo assetto del museo. Al secondo piano dell’ala settentrionale, sono stati resi funzionanti gli uffici del catalogo, dell’archivio fotografico e dell’archivio Magagnato, cuore della gestione delle raccolte, con nuovi spazi per circa 200 mq.
L’ingresso al museo mantiene il “romantico” tragitto attraverso il pergolato da via del Fante, dal quale sarà anche accessibile in maniera indipendente la sala polivalente, ricavata al piano terreno dell’ala meridionale, che occupa una superficie di 185 metri quadrati.
Il percorso espositivo prenderà avvio al primo livello della nuova ala, dove sono stati ricavati spazi espositivi aggiuntivi per 325 mq. Lungo il percorso di accesso affacciato sul chiostro a livello terreno, saranno ricongiunte e allestite le sei statue rappresentanti le Virtù e le città di Verona e Vicenza, provenienti dal recinto delle Arche Scaligere. Le statue saranno disposte prima dell’ingresso vero e proprio, per accogliere il visitatore in un ideale dialogo con i pezzi trecenteschi esposti nelle sale superiori.
Dal punto di vista dei criteri museologici, il nuovo ordinamento aggiorna sulla base delle più recenti acquisizioni l’impostazione originaria del Museo, che ricollegandosi idealmente all’esemplare azione di tutela di Giovan Battista Cavalcaselle, venne concepita per restituire l’immagine di Verona quale urbs picta. La maggior parte degli edifici storici presentava infatti sontuose facciate affrescate e preziosi interni dipinti, molti dei quali nel corso dell’Ottocento e del Novecento furono staccati dai luoghi di origine e ricoverati presso i civici musei.
Rifacendosi a tale impostazione, il progetto di allestimento museografico è basato su principi di sobrietà e chiarezza, che cercano di mantenere una continuità nei criteri che caratterizzano il sistema museale cittadino, fortemente segnato dalla presenza di Carlo Scarpa e dai suoi allievi e collaboratori. L’obiettivo è di riconnettere visivamente l’attuale frammentario sistema espositivo, anche attraverso la scelta dei materiali, delle finiture e la grafica.
Il percorso cronologico tra le sale prenderà avvio da un suggestivo ambiente, un “sacello” – termine che rievoca quello scarpiano di Castelvecchio – dove saranno esposti reperti altomedievali di grande valore decorativo, provenienti da edifici religiosi distrutti. I reperti (frammenti lapidei, iscrizioni, capitelli, mensole e patere) verranno custoditi da teche espositive composte da una struttura in tubolari fissata a parete e rivestite da lamiere ripiegate; una struttura metallica sospesa reca l’alloggiamento degli apparecchi illuminanti.
L’attigua sala ospiterà il ciclo affrescato proveniente dalla grotta di San Nazaro, per il quale viene proposta una ricostruzione della primitiva disposizione, con la collocazione dei reperti del secondo strato di affreschi secondo le nuove indicazioni storico-scientifiche. Gli affreschi troveranno sistemazione prevalentemente a parete, in alcuni casi raggruppati su pannelli di fondo per rendere unitaria la lettura di alcuni frammenti.
Nell’adiacente salone verranno esposti in particolare gli imponenti sottarchi con ritratti di imperatori romani provenienti dalla Loggia di Cansignorio, affrescati da Altichiero a partire dal 1364 e staccati nel 1967. I sottarchi verranno presentati mediante un particolare sistema a sospensione che ne consentirà una lettura dal basso, simile a quella che il ciclo decorativo aveva originalmente, lasciando completamente libero e fruibile lo spazio sottostante. A tale sistema si integreranno gli apparecchi illuminotecnici. Per dare maggior risalto alle opere, in questa sala e nella precedente verrà ricreato un ambiente buio tramite l’ausilio di un controsoffitto scuro.
Nel corridoio laterale al salone sarà collocato il lungo fregio continuo – circa trenta metri lineari – affrescato da Jacopo Ligozzi (1547-1627) per una sala di Palazzo Fumanelli, raffigurante la Cavalcata di Carlo V e Clemente VII. Dieci dei tredici elementi che lo compongono verranno presentati nella fascia sommitale della parete, a richiamare l’antica collocazione, mentre tre elementi contigui saranno abbassati all’altezza dello sguardo dello spettatore, per consentirne un più diretto apprezzamento.
Da questo punto in avanti il percorso museale si connetterà con quello esistente, riprendendo il racconto della città dipinta con affreschi e tele di artisti veronesi. Il percorso si ricongiungerà infine al livello terreno passando per la chiesa di San Francesco, utilizzata anche come laboratorio di restauro ‘a vista’ per interventi su opere di grandi dimensioni.
* Il presente testo rappresenta una sintesi della Relazione tecnica del Progetto esecutivo degli allestimenti museali e delle opere di completamento del Museo G.B. Cavalcaselle presso la Tomba di Giulietta, gennaio 2013, a cura del Coordinamento Edilizia Pubblica del Comune di Verona – Area lavori Pubblici.